MICROIMPRESE E CONTROLLO DI GESTIONE
Secondo recenti dati Istat oltre il 99% delle imprese oggi attive in Italia è qualificabile come piccola (da 10 a 49 addetti), ed in particolare le cosiddette “microimprese” (meno di 10 dipendenti) rappresentano il 95% del totale, impiegando il 47% del personale assunto.
Le microimprese si caratterizzano per un fatturato non superiore ai 2 milioni di euro, vantano un capitale investito di limitata entità e gestiscono normalmente una sola unità produttiva: la struttura proprietaria si concentra spesso nella figura di un singolo titolare, eventualmente coadiuvato dai familiari.
La coincidenza tra proprietà e controllo determina un modello decisionale fortemente accentrato, risultando assente ogni impianto decisionale formalizzato che preveda un sistema di deleghe e di condivisione delle responsabilità.
Dal punto di vista finanziario si riscontra generalmente una bassa patrimonializzazione, con conseguenti difficoltà nel reperimento di risorse presso potenziali investitori o istituti di credito: di conseguenza anche le tecnologie di solito non sono aggiornate agli standard più recenti e, per le stesse ragioni, la propensione all’internazionalizzazione è del tutto marginale.
Se la flessibilità operativa e decisionale costituisce un indiscutibile vantaggio, le limitate risorse a disposizione rendono impossibile influenzare i principali mercati di acquisto e vendita in merito a costi e prezzi.
Nella maggioranza dei casi le microimprese sono prive di strumenti informativi di controllo e di supporto ai processi decisionali: gli unici dati utilizzati a livello gestionale sono quelli relativi alla fatturazione, al costo del personale e poco altro; il processo di programmazione è del tutto assente ed anche le attività di preventivazione e di determinazione dei prezzi di vendita vengono svolta con modalità approssimative.
Ma anche nelle microimprese – sia pure con opportuni adattamenti – si può implementare con successo un sistema di controllo di gestione: questo dovrà però essere progettato assecondando le caratteristiche fondamentali della microimpresa, considerando in particolare:
– la struttura organizzativa aziendale
– le relazioni tra imprenditore, manager e livelli operativi
– i metodi di governo e la struttura del processo decisionale
– il sistema informativo di supporto
In tal senso gli strumenti del sistema andranno convenientemente personalizzati: il reporting adottato dovrà basarsi su un numero limitato di variabili (sia economiche che finanziarie), in modo da rendere evidente la situazione dell’azienda senza generare un sovraccarico informativo.
La prima funzione che il controllo di gestione di una microimpresa deve garantire è quella informativa: lo strumento da introdurre per primo in azienda è quindi il conto economico mensile. L’analisi dei risultati compiuta utilizzando supporti informativi affidabili deve diventare un’abitudine, stimolando il confronto con le scelte operate e l’interazione tra reparti e funzioni aziendali.
A questo proposito va detto che spesso risulta necessario operare aggiustamenti all’impianto contabile, poiché il piano dei conti (tipicamente quello “standard” del commercialista) non si dimostra sufficientemente analitico ed i centri di costo sono generalmente assenti. Se la contabilità viene tenuta esternamente bisogna comunque garantire che la rilevazione dei fatti aziendali consenta una corretta imputazione e ripartizione dei valori di competenza.
Il passo successivo è relativo alla dimensione finanziaria, che rappresenta un nodo vitale per le microimprese: il limitato accesso al credito, unitamente ad un basso livello di prezzi imposto dal mercato può impedire la costituzione di risorse sufficienti a finanziare la gestione ordinaria e gli investimenti. La redazione periodica del rendiconto finanziario, oltre ad aumentare la conoscenza dei flussi, convoglia l’attenzione verso il pricing, la politica commerciale e la gestione del credito.
A questo punto, migliorata la conoscenza dei processi consuntivi, si può’ pensare di introdurre il principale strumento di programmazione, cioè il budget.
La costruzione del budget non costituisce solo un esercizio tecnico volto a determinare in anticipo costi, ricavi e margini, ma rappresenta anche un mezzo per diffondere l’abitudine a gestire l’azienda secondo un piano razionale; inoltre, sia pur con tutti i limiti di una struttura organizzativa fortemente accentrata, esso comunica con chiarezza gli obiettivi aziendali ai responsabili di funzione aumentandone il coinvolgimento e la partecipazione.
I dati del budget serviranno poi come riferimento all’interno del reporting consuntivo: la successiva analisi degli scostamenti deve stimolare una successiva azione di feedback volta ad identificare le cause degli stessi ed a prevenirne una successiva manifestazione.
Possiamo dire che a questo punto il sistema di controllo ha assunto anche la funzione di orientamento e guida al processo decisionale.
Contemporaneamente al processo di implementazione del reporting, va approfondito anche l’aspetto della contabilità industriale: la tipologia dei processi produttivi in essere e la misurabilità dei costi dei fattori determinano la mappa dei centri di costo, siano essi operativi o di servizio (es. manutenzione, da ribaltare proporzionalmente sui centri operativi stessi e sui prodotti): questo apre la strada al calcolo dei costi di prodotto ed alla definizione dei costi standard con cui monitorare efficienza, produttività e saturazione degli impianti, identificando criticità e colli di bottiglia.
In definitiva, quindi, ove una microimpresa sia alla prima esperienza in materia di controllo di gestione, dovrebbe essere intrapreso un percorso graduale, possibilmente condiviso e soprattutto, ben comunicato all’interno dell’azienda, tale da poter essere progressivamente metabolizzato man mano che si procede con l’implementazione: nelle aziende in cui la figura dell’imprenditore risulta preponderante, infatti, la presenza di una cultura aziendale fortemente radicata nelle persone può essere di ostacolo all’accettazione dei processi di cambiamento.
Il controllo di gestione, o meglio il controller, assume quindi anche il particolare ruolo di “motore del cambiamento”, facilitando l’innovazione nella gestione aziendale.